Leasing
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 27212 - pubb. 29/04/2022
Risoluzione per inadempimento del contratto di Leasing traslativo concluso prima della legge 124/2017
Cassazione civile, sez. I, 30 Marzo 2022, n. 10249. Pres. Genovese. Est. Vella.
Leasing traslativo - Risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore – Contratto concluso prima dell'entrata in vigore dell'art. 1, comma 136 e ss. della legge 124/2017 - Conseguenze
Dopo la sentenza delle Sezioni unite n. 2061 del 2021, in caso di leasing traslativo concluso prima dell'entrata in vigore dell'art. 1, comma 136 e ss. della legge 124/2017, resta valida la soluzione adottata dal diritto vivente di individuare, per analogia legis, nella disposizione dell'art. 1526 c.c. la disciplina della risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore (conf., da ultimo, Cass. 5754/2022), alla luce della quale devono quindi essere interpretate le pattuizioni contrattuali.
L'articolo 1526 c.c. consta di due livelli: sul piano restitutorio, il primo comma contempla la restituzione dei canoni riscossi, con diritto alla decurtazione di un «equo compenso per l’uso della cosa» (cfr. Cass. 12883/2021), come visto comprendente la remunerazione del godimento del bene, il deprezzamento conseguente alla sua incommerciabilità come nuovo e il logoramento per l'uso; sul piano risarcitorio, il secondo comma ammette la stipula di una clausola penale che preveda la corresponsione di un’indennità in misura pari ai canoni già pagati dall’utilizzatore (con conseguente venir meno del diritto alla restituzione prevista, di norma, dal primo comma), ma assegna in tal caso al giudice, conformemente all’art. 1284 c.c., il potere di ridurre ad equità – anche d’ufficio – la penale che risulti manifestamente eccessiva, ad esempio a causa del cumulo tra mantenimento dei canoni riscossi e della proprietà del bene (cd. clausola di confisca), attraverso una valutazione comparativa tra il vantaggio che la penale assicura al contraente adempiente e il margine di guadagno che questi si riprometteva di trarre dalla regolare esecuzione del contratto (Cass. Sez. U, 2061/2021; Cass. 20840/2018, 4969/2007).
E’ dunque la legge ad affidare al giudice l'esercizio del potere correttivo della volontà contrattuale delle parti, al fine di ristabilire in via equitativa un congruo contemperamento dei loro interessi contrapposti (Cass. Sez. U, 2061/2021, 18128/2005), naturalmente a condizione che la penale sia stata dedotta – in via di azione o di eccezione (in senso stretto) – nel rispetto delle preclusioni di rito (Cass. Sez. U, 2061/2021; Cass. 19272/2014), mentre l'omesso esercizio del potere di riduzione della penale da parte del giudice di appello – cui spetta appunto il potere officioso di applicare l'art. 1384 c.c. – può essere non solo dedotto dalla parte interessata, ma anche, integrando un'eccezione in senso lato, rilevato d’ufficio da parte del giudice di legittimità, sempre che non siano necessari accertamenti di fatto (Cass. 26531/2021). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
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