Arbitrato: la distinzione tra quello rituale e quello irrituale s'impernia sulla volontà delle parti
Cassazione civile, sez. I, 07 Marzo 2024, n. 6140. Pres. Valitutti. Est. Parise.
Arbitrato rituale e irrituale - Distinzione - Individuazione del mezzo di impugnazione - Volontà delle parti - Irrilevanza - Natura dell’atto posto in essere dagli arbitri - Rilevanza
In tema di arbitrato, la distinzione tra quello rituale e quello irrituale s'impernia sulla volontà delle parti, che nella prima figura mira a pervenire ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'art. 825 c.p.c., mentre nella seconda si limita ad affidare all'arbitro la soluzione di controversie attraverso il mero strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento, con l'impegno di considerare la relativa decisione come espressione della propria volontà. Ai fini dell'individuazione del mezzo di impugnazione del lodo, non rileva, peraltro, la natura dell'arbitrato prevista dalle parti, bensì la natura dell'atto in concreto posto in essere dagli arbitri, sicché il lodo, allorché sia reso nelle forme di cui agli artt. 816 e ss. c.p.c., è impugnabile esclusivamente ai sensi dell'art. 827 c.p.c., pur a fronte di un compromesso o di una clausola compromissoria prevedenti un arbitrato irrituale. (massima ufficiale)